Robert Vischer nel 1873 (cit. in Gallese e Guerra,2015) distinse il processo del vedere da quello pragmaticamente attivo del guardare e introdusse anche il concetto di empatia. La funzione estetica delle immagini, in generale, e dell’opera d’arte, in particolare, implica un coinvolgimento empatico che si configurerebbe in una serie di reazioni fisiche del corpo dell’osservatore. L’osservazione di forme particolari susciterebbe emozioni reattive, a seconda della conformità al disegno e alla funzione dei muscoli corporei.
La simulazione incarnata coincide per molti aspetti con la nozione di empatia, ma non si esaurisce in essa.
La simulazione incarnata (embodied simulation) è un meccanismo di base del nostro cervello grazie al quale riusiamo parte delle nostre risorse neuronali che normalmente utilizziamo per interagire con il mondo, modellando i rapporti e le relazioni che con esso stabiliamo, mettendole al servizio della sua percezione e immaginazione. Comprendiamo il senso di molti comportamenti altrui grazie al riuso degli stessi circuiti neuronali su cui si fondano le nostre esperienze agentive, emotive e sensoriali in prima persona.
La scoperta dei neuroni a specchio nel cervello del macaco e la successiva scoperta dei meccanismi di rispecchiamento nel cervello umano ha mostrato il fondamento neurobiologico di una modalità diretta di accesso al significato dei comportamenti e delle esperienze altrui. La presenza dei meccanismi di rispecchiamento sia nei cervelli umani che animali riconosce la cognizione motoria come elemento cardine dell’intersoggettività umana. Per capire gli scopi e le intenzioni motorie degli altri non abbiamo necessariamente bisogno di metarappresentarle nel sistema linguistico, il più delle volte non attribuiamo esplicitamente delle intenzioni agli altri, semplicemente, le comprendiamo. Che tipo di intersoggetività suggeriscono i neuroni a specchio? Suggeriscono la nozione di INTERCORPOREITA’ : il sistema motorio , insieme alle connessioni alle aree corticali viscero-motorie e sensoriali, struttura non solo l’esecuzione dell’azione ma anche la sua percezione, così come l’imitazione dell’azione e la sua immaginazione.
Che cosa implica tutto questo nelle relazioni interpersonali? Ogni relazione richiede una condivisione di stati quali l’esperienza di emozioni e sensazioni, sottesi da parallele risposte provenienti dall’interno del nostro corpo, descritte come “Enterocezione”. Alcune regioni cerebrali coinvolte nell’esperienza soggettiva di sensazioni come il tatto o il dolore e di emozioni come il disgusto o la paura sono attive anche quando tali sensazioni ed emozioni sono riconosciute negli altri, ne segue dei numerosi meccanismi di rispecchiamento presenti nel nostro cervello. Secondo Gallese e Guerra (2015), da cui traggo i contenuti di questo post, grazie alla “consonanza intenzionale”, questi meccanismi ci consentono di riconoscere negli altri un primo livello di comunicazione interpersonale non linguistica e di comprensione implicita degli altri.
In che cosa può essere significativo l’uso delle immagini nell’orientamento professionale e nella formazione?
Al centro dell’uso delle Dixit sia in formazione (Macchieraldo e Minozzi,2021), ma anche in orientamento, c’è l’incontro, inteso come rapporto intersoggettivo della valorizzazione di sé e dell’altro che mediato dalle carte e dalle immagini diventa più autentico. L’incontro con se stessi attraverso l’immagine (artistica) diventa specchio in cui ritrovarsi (Ibidem). In un lavoro sulle competenze trasversali, le carte hanno il grande pregio di fornire una miniera di stimoli ed occasioni di rispecchiamento, condivisione, incontro per lavorare sulle soft skills, sulla comunicazione.
Autore: Donatella Belardi. Donatella conduce un gruppo di lavoro sulle carte Dixit per l’orientamento.